sabato 1 dicembre 2012

Osiride in Cattedrale



Nell’antico ciclo di affreschi retrostante l’altare di San Michele nel transetto sinistro della Cattedrale di Cremona è rappresentata una delle più originali scene della psicostasi, cioè la pesatura delle anime. Nell’affresco, databile all’ultimo quarto del XIV secolo, si vede S. Michele arcangelo con una bilancia in mano a pesare le anime dei defunti, per capire se l'individuo è puro o peccatore nell'anima. Sullo sfondo il demonio, rappresentato come un mostro dal capo taurino, si porta via l'anima del malcapitato. Questo tema è molto più antico del periodo in cui è stato rappresentato, e rappresenta il momento più importante del trapasso del faraone nell'antico culto egizio. Si tratta di un’interpretazione cristiana del mito di Osiride, derivante dalla tradizione islamica (a sua volta derivante dalla mitologia egizia e persiana), ma che non ha nessun fondamento nelle scritture cristiane o nella tradizione cristiana precedente. Il Faraone prima di raggiungere l'ignoto aldilà, doveva affrontare una serie di prove il cui superamento veniva consigliato dal libro dei morti, una sorta di manuale su "come affrontare i pericoli nel viaggio verso l'eternità" che veniva "seppellito" insieme al Faraone. L'anima del defunto infine doveva affrontare la prova più ardua, il Giudizio Universale, abbastanza simile a quello cristiano. Osiride in trono, infatti, al pari di Gesù, doveva giudicarne l'anima che, se ritenuta pura e priva di peccato sarebbe stata accolta in cielo, al contrario sarebbe finita all'inferno. Veniva qui "pesata l'anima", il cuore del Faraone veniva posto sul piatto di una bilancia e sull'altro veniva appoggiata una piuma. Se il cuore risultava più leggero sarebbe stato accolto da Osiride nel regno dei cieli, altrimenti, già era pronta la bestia per divorarlo. Ritroviamo lo stesso tema anche nel Medioevo, senza ombra di dubbio derivato dal giudizio di Osiride nella lunetta sopra il portale di ingresso della Chiesa di San Biagio a Talignano in provincia di Parma risalente all’inizio del XII secolo. La lastra è opera di un artefice attivo nei primi decenni del XIII secolo, forse lo stesso delle Storie di Santa Margherita della vicina pieve di Fornivo. Il tema iconografico della pesatura delle anime, poco frequente in Italia è invece abbastanza comune nelle chiese francesi e in quelle sul cammino di Santiago, e testimonia l’importanza delle vie di pellegrinaggio per la circolazione della cultura nel medioevo. Una scena pressoché uguale si trova anche in un affresco databile alla prima metà del XV secolo nella di San Thomas Becket a Capriolo (Pr), una originaria cappella templare modificata nel XIII e XV secolo.  
La prima funzione di cui l’arcangelo Michele si faceva garante era quella del passaggio delle anime nell’aldilà, che si svolgeva nella mitologia antica sotto il doppio segno della levata delle Pleiadi, nelle stesse date dell’apparizione, della memoria, della consacrazione dell’arcangelo stesso (8 maggio e 29 settembre). Il cammino delle anime era concretizzato nel cielo dalla Via Lattea, che nei paesi celtici era chiamata “il castello di Lug” (divinità omologa del romano Mercurio). Fra i Germani le caratteristiche di Mercurio erano attribuite al dio guerriero Odino (Wotan per i Longobardi); la “cristianizzazione” della figura di Wotan con San Michele è stata sottolineata da diversi autori. Una teoria con solido fondamento vuole che la Chiesa cattolica, per stornare le popolazioni dal culto di Mercurio e di omologhe entità del Pantheon celtico o germanico, attribuisse all’arcangelo Michele funzioni che erano proprie di tali divinità; fra queste, il ruolo di psicopompo, accompagnatore di anime nell’aldilà dei beati, dopo la morte. Al culto di San Michele erano consacrate alture e cappelle nei cimiteri. L’arcangelo Michele è preposto al transito dell’anima, ma anche a garantire il rispetto del giudizio divino. La sua lotta col diavolo, per il possesso dell’anima del defunto, è raffigurata in un capitello della basilica di San Michele a Pavia. Anche l’immagine dell’arcangelo con la bilancia, è presente con frequenza nell’arte medievale in Francia, ad esempio quelle scolpite o in vetrate ad Amiens, Autun, Bourges, Chartres, Saintes, nella S.te Chapelle di Parigi. L’arcangelo Michele con la bilancia in mano appare in una piccola formella, all’esterno dell’abside maggiore della basilica pavese, scolpita in epoca piuttosto tarda. 

Trattandosi di un culto di età longobarda, si presenta spontanea la supposizione che il culto di san Michele in quanto psicopompo sia la cristianizzazione di un più antico culto germanico. Nella tradizione cristiana, è bene ricordarlo, san Michele è il maggiore degli arcangeli, colui che guida le coorti celesti contro Lucifero e gli angeli ribelli, è dunque dopo la Trinità divina la figura più possente del cristianesimo, e si presta perciò ad essere la “traduzione” cristiana di una figura niente affatto secondaria del pantheon germanico come Odino – Wotan. Le funzioni dell’arcangelo erano le stesse prima svolte da altri esseri soprannaturali. Si è verificato, ad esempio, che nella grotta di San Michele a Cagnano Varano sul Gargano, uno dei santuari di culto più antichi, ex mitreo, echeggerebbe la dottrina di Zoroastro (Zarathustra)  che assegna a Mithra il compito di uccidere il toro, figura leggendaria che attraversa i rituali e i miti di molti popoli, prestandosi all’opomanzia. Toro che è presente nella grotta di San Michele di Cagnano nella congregazione calcarea subito dopo la sacrestia ed ancora protagonista della leggenda dell’ “Apparitio” di San Michele a  Monte Sant’angelo e dell’ “Apparizione” registrata a Cagnano. Toro scolpito sull’arco di San Michele, una delle antiche porte del centro storico del paese.
Che la grotta abbia dato stanza al culto di Mitra, ufficializzato nella Roma imperiale nel terzo secolo, troverebbe conferma nella pianta dell’altare maggiore oggi intestata a San Michele, nella pila con acqua, nella campanella posta sull’arco, il cui suono richiamava i fedeli a ricomporsi, prima di entrare nel luogo sacro.   
L’Arcangelo presenta, in ogni caso,  molte affinità con le divinità dello zoroastrismo. Egli, ad esempio, come Ormazd (il Signore Saggio dei persiani), giudica le anime dopo la morte e, come gli Ameshaspenta, esseri anch’essi spirituali, lotta contro il male. Male che assume le sembianze di Angramanius, l’arimanne che si oppone a Dio (Ahura Mazda), ricorrendo alla bugia per contrastare il bene. Non è dunque un caso che il nostro San Michele, dopo aver duellato con il “diavolo” lo abbia infine vinto, schiacciandolo sotto i piedi, come vuole l’iconografia ufficiale, che mostra l’arcangelo dal volto delicato imbracciare arma e scudo, con il piede destro sul ventre di Satana e il sinistro sul petto dell’angelo ribelle. E il diavolo dalle orecchie appuntite, la fronte corrugata e la testa taurina.
Ma a Mithra, noto anche “sol invictus”,  come a Michael, è stata riconosciuta la funzione di psicopompo, giudicando le anime “a peso”. Compito attribuito dagli egiziani a Osiride, Anubis e Serapide, dai norvegesi a Odino. L’iconografia presenta perciò anche la versione dell’arcangelo con la bilancia.  San Michele è, inoltre, bello e luminoso come Apollo, interpellato nell’oracolo di Delfi, il dio dei greci e dei romani, patrono della profezia, della divinazione e della medicina. L’affinità Michele-Apollo emerge nell’iconografia e nelle leggende che li riguardano, e, se Apollo avrebbe ucciso in grotta un grande pitone o un drago che proteggeva il precedente santuario della Dea Madre, Michele nella nostra grotta avrebbe trafitto il diavolo tentatore, il toro (simbolo del paganesimo).
Michele ha gli attributi di Zeus tonante, del dio del cielo dei Lettoni, del dio Varuna dei Persiani, del dio della tempesta degli Ungari. Presenta analogie con Ermes (Mercurio), il dio messaggero protettore dei viaggiatori e dei mercanti.
Questo essere solare, che gli uomini continuano a vedere soprattutto quando sono prossimi alla morte, alla stregua di Zeus /Giove e di Hadad, il dio assiro-babilonese della tempesta, controlla le acque, il fulmine, la pioggia; come Poseidone, è responsabile delle tempeste e dei terremoti. Ecco perché i nonni lo implorano quando la terra trema. Come Pan, protegge i  pastori e la fertilità.
L’acqua, il serpente, il toro, la roccia, elementi ricorrenti nei rituali e negli antichi culti confluiti in epoca cristiana in quello micaelico.

Nessun commento:

Posta un commento